sabato 30 marzo 2013

Il sogno della grande vela. L'architetto e l'assessore


IL SOGNO DELLA GRANDE VELA
L’ARCHITETTO E L’ASSESSORE
di Roberto Nistri

© Roberto Nistri. Tutti i diritti sono riservati. Opera già edita a stampa in "architettitaranto" 09, 2012
Nel fascicolo nn. 5/6 di <<Architettitaranto>> Giulio Ponti ha indicato la Concattedrale di Taranto come l’opera più felice e completa della seconda fase del lavoro creativo del padre, il grande artista Giò Ponti. E’ stato ricordato il sodalizio fra l’architetto e l’arcivescovo Motolese, che ha permesso di superare non pochi ostacoli (“forze negative esterne”) a partire dall’iniziale diffidenza delle Autorità Vaticane preposte al controllo delle nuove costruzioni ecclesiastiche, restie ad affidare l’incarico ad un architetto così moderno. Giulio Ponti ha efficacemente ricostruito il processo ideativo e l’evoluzione operativa della Concattedrale sorta “in mezzo a un prato”, in totale isolamento rispetto al contesto, ma vocazionata a divenire il “ nuovo cuore della città”, circondata nel verde da piazze, scuole, attrezzature sociali e culturali. Si sarebbe dovuto partire da un progetto urbanistico organico, parzialmente abbozzato dal Maestro Ponti; invece la Grande Vela è stata subito “aggredita, assediata, soffocata da banali (per non dire di peggio) condomini residenziali”.
Nel suo saggio La Chiesa e la Città (inserito nel volume collettivo Taranto negli anni Settata, in corso di stampa per le edizioni Mandese) Vittorio De Marco racconta il Grande Sogno dell’Architetto: “Proporrò, come mio omaggio alla città di Taranto, il piano che senza perdere neanche un centimetro del verde destinato a questa zona della città, pone la cattedrale al centro di una corona di opere architettoniche (per le quali è da bandire un concorso nazionale) affinchè attorno alla cattedrale, che sarà il fulcro vivente, sorga una zona di esemplare significazione di civiltà, che disponga ai margini del verde nel quale è immerso il Tempio, di alcune esemplari case di abitazione (la vita), di una scuola materna (l’infanzia), di una scuola media (l’adolescenza) ed infine di un complesso culturale civico costituito da una biblioteca-pinacoteca-auditorio. Ed ogni edificio avrà la vista sulla cattedrale”. Ed aggiungeva: “Che non s’abbia a dire: avevate una grande occasione e l’avete perduta”.
Figurarsi! I tarantini sono collezionisti di occasioni perdute. La visione della Grande Vela doveva afflosciarsi in una indecorosa storpiatura del progetto originario, piegato alla gretta cupidigia della speculazione edilizia. Ponti aveva progettato una Grande Vela rispecchiantesi nell’acqua delle vasche, simbolo del mare Jonio, sognando un infinito veleggiare della sua opera nella natura di una Taranto  “liberata”: “L’architettura della Cattedrale sarà compiuta - perché è stata progettata in questa versione - quando sarà aggredita dal verde dei rampicanti, assediata e difesa, selvaticamente, da ulivi, eucalipti, oleandri e piante a cespuglio della terra tarantina: e sarà bosco, fiorirà in primavera, perderà foglie in inverno. Quando sarà espropriata dalla Natura, appropriata da Dio, e navigherà nel cielo, suo territorio, abitata da uccelli”.
Aggredita dal verde? La Vela (la più qualificata  opera d’arte moderna presente sul territorio) è stata aggredita dalla lazzaronaggine, semplice o qualificata, del sottobosco assessorile. Una cattedrale che si voleva “sommersa nell’aria” è stata assediata da termitai in cemento, incagliata in vasche prima trasformate in immondezzai e poi pavimentate: una Vela arenata in un mare pietrificato  come intristita metafora di una Taranto inchiavardata.  Nel 1990 l’architetto Giulio Ponti, nella sacrosanta difesa dell’opera di suo padre, chiese all’assessore ai LL.PP. di tutelare l’integrità dell’opera d’arte, di “provvedere al ripristino di quanto è stato così immotivatamente demolito”, invece di procedere a indebite modifiche del progetto originario. Il bravo assessore Melucci, convinto che la sola Amministrazione cittadina avesse il diritto di mettere le mani sull’opera di un artista, ingiunse al Ponti di farsi gli affari suoi, con la minaccia che “ogni sua azione rivolta ad operare al meglio per questa grande e storica città di Taranto offende la professionalità dei tecnici locali e l’intelligenza dei tarantini e non è escluso un effetto negativo dei suoi desiderata” (!). A sgonfie vele, come sempre.

Note bibliografiche
G. PONTI - L. MORETTI, La concattedrale di Taranto, Taranto, 1983
V. DE MARCO, La vela di Giò Ponti, Taranto, 1989
R. NISTRI, Un monumento, una vela e il palio dei grulli, in <<Astolfo>>, Taranto, aprile 1990
M. TORRICELLA, Giò Ponti 1964-1971, Martina Franca (Ta), 2000

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