domenica 3 aprile 2016

Manifesto per Taranto.

Manifesto per Taranto. Il decalogo è questo

di Roberto Nistri

pubblicato in “La Gazzetta del Mezzogiorno” di domenica 27 marzo 2016

Manifesto per Taranto.

1) Il futuro di Taranto affonda le sue radici nel passato: la Città deve trarre la sua linfa dal mare; le attività di pescatori, mitilicoltori, operatori marittimi e portuali vanno valorizzate e protette dall'incuria e dall'ignavia di chi ha interesse a trascurarle ed ostacolarle.

2) Il Mar Piccolo è un bene comune di grande rilievo storico, paesaggistico e biologico senza il quale Taranto non sarebbe quella che era e può ancora essere. Cozze ed ostriche devono nuovamente diventare un'eccellenza produttiva tutelata da marchio DOP. A questo fine va considerato che la bonifica dei due Seni è senz'altro non più rinviabile, ma prima bisogna valutare gli effetti negativi sull'ecosistema derivanti dalla rimozione degli strati superficiali dei fondali. Essenziale è invece individuare e neutralizzare le fonti costiere inquinanti ancora attive di tipo industriale, militare e fognario. Marina militare ed Aeronautica militare dovrebbero inoltre favorire uno sviluppo degli usi civili del bacino. Le rive del Mar Piccolo vanno inoltre protette dal degrado e liberate da strutture abusive; nel quartiere Tamburi deve essere realizzato il progettato lungomare adiacente via Galeso.

3) La Marina militare è ancora al centro della vita della Città che con essa ha un rapporto cementato da una storia comune. In una prospettiva moderna delle relazioni con il territorio non più legata a logiche ottocentesche, la Marina militare deve tuttavia cedere alla Città, oltre alla Banchina Torpediniere, aree e manufatti non più utili ad esigenze militari e non suscettibili di privatizzazione. In particolare l'Arsenale deve aprirsi alla cittadinanza destinando una propria struttura a sala comunale per concerti, spettacoli e conferenze e consentendo la vista del Mar Piccolo attraverso appositi varchi del Muraglione.

4) La grande industria siderurgica, che riveste un fondamentale ruolo economico a livello nazionale e locale, deve confrontarsi in modo aperto con i problemi ambientali eliminando i guasti prodotti da scelte miopi o quantomeno colpose, e garantendo che la salute della popolazione non subisca ulteriori danni. Le ciminiere devono scomparire dal panorama del Mar Piccolo, i parchi minerali vanno interrati, il Quartiere Tamburi va rapidamente riqualificato dopo anni di vacue promesse e progetti, l'assenza di rischi sanitari va monitorata giorno per giorno con protocolli certificati e trasparenti.

5) Nulla giustifica l'incuria in cui continua ad essere tenuta la Città Vecchia in attesa di una fantomatica «rigenerazione urbana». Ma intanto si deve cominciare dalle piccole cose, emanando un regolamento edilizio sulle caratteristiche delle facciate degli edifici, riposizionando il basolato in via Duomo, eliminando ponteggi e puntelli arrugginiti se non più necessari, abbattendo gli edifici pericolanti privi di pregio architettonico, rinnovando la segnaletica in modo da ridare la perduta identità a vicoli, postierle e piazzette, favorendo con canoni agevolati il riuso di botteghe ed abitazioni. Gli immobili che si affacciano su via Garibaldi vanno restaurati e riportati alle loro caratteristiche originarie.

6) La continua emorragia di attività commerciali del Borgo è frutto, oltre che della crisi, di una colpevole politica di creazione di centri commerciali: tale tendenza va bloccata vivificando il Borgo dal punto di vista delle attività sociali, dell'arredo urbano e dell'istituzione di nuovi parcheggi. Da questo punto di vista non è più tollerabile né l'assurda inerzia nel restauro del Palazzo degli Uffici, né l'incomprensibile abbandono del progetto di costruzione di un Teatro Comunale nell'ex Cinema Fusco. Positiva appare invece la scelta di reinsediare gli Uffici comunali nell'ex Mercato Coperto, anche se va considerato che ciò ha comportato di fatto la rinuncia a riportare alla luce parti dell'Anfiteatro Romano esistente nel sottosuolo.

7) L'archeologia tarantina ha ancora molto da dire e dare alla Città. Quando finalmente il MarTa sarà nuovamente operativo, bisognerà allargare l'area espositiva utilizzando nuovi edifici (quali l'ex Convento S. Antonio o un'ala del restaurando Palazzo degli Uffici) per esporre le collezioni confinate nei depositi e per illustrare in modo multimediale l'assetto urbano della Città Magnogreca e Romana ed in particolare quello delle tombe a camera non visitabili e della struttura delle mura arcaiche. Di fatto l'obiettivo dovrà essere quello di dar vita ad un Grande MarTa.

8) Il Castello Aragonese rappresenta un modello di positiva interazione tra Città e Marina Militare. Esso può però diventare anche un contenitore per collezioni di reperti medievali. In esso potrebbe anche trovare finalmente posto la nave romana che, dopo il recupero degli anni Sessanta, giace in un torrione del Castello. Lo stesso modello potrebbe essere adottato per creare un museo della marittimità tarentina in alcune officine dismesse dell'Arsenale militare.

9) Il Regno delle Due Sicilie ha cessato di esistere nel 1860 assieme alle sue Intendenze di Bari, Terra d'Otranto e Capitanata. La Regione Puglia dovrebbe quindi essere ora un'entità che assicuri un'equilibrata governance di tutta la Regione, Taranto compresa. Non è perciò accettabile che Lecce e Bari cerchino di diventare di nuovo sedi di antistoriche Intendenze Borboniche che accentrino uffici e competenze a danno di Taranto in settori come l'archeologia ed il porto.

10) Taranto, quale capoluogo della Provincia dello Jonio, deve dialogare con il suo entroterra ove si concentrano eccellenze umane, produttive, agricole e culturali, sempre più emergenti sulla scena tarentina. La Città deve però guardare anche ad occidente verso Matera, il Metapontino e la Calabria Jonica riscoprendo legami antichi e comunanza di interessi attuali.

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