lunedì 1 maggio 2017

Giordano Bruno. Per non dimenticare!


Bruno. Per non dimenticare!

di Roberto Nistri


Il 17 febbraio 2017, “Gli  Amici della Ragione” hanno doverosamente onorato la memoria del grande martire del Libero Pensiero, il  filosofo meridiano e Cittadino dell’Universo,  Giordano Bruno, che,   distruggendo il castello di carta dei Tolemaici e il  cielo delle stelle fisse,  spalancava per la scienza i sentieri infiniti  di un Universo senza limiti, aprendo la strada al grande Galileo, che traduceva   Bruno,  senza citarlo. Nato sotto una stella vagabonda,  la sua   felice eresia lo rendeva uccello di bosco della Filosofia,  lo spingeva a battere tutte le strade  d’Europa, ben accolto da tutti gli spiriti nobili e perseguitato dagli stolti  abitatori del cielo asinino: scomunicato e perseguitato da tutti gli inquisitori  dell’epoca: cattolici,  luterani e calvinisti.
 Solo, contro il “Vangelo armato”,  Bruno perseguiva invece il sogno umanista del tollerante e  civile conversare dei popoli, ricercando l’Unione nella Molteplicità .  Nessun capo è assoluto, solo la diversità ci salva.  Non inginocchiarti di fronte all’Unità, ricerca invece l’Unione nella fraternità…L’inaudita cosmogonia bruniana, l’Universo infinito che  conferisce pari dignità a tutti i centri,  ognuno  dei  quali portatori  di responsabilità  e  titolari a pieno diritto di umanità.
Nel mondo capovolto e incendiato dalle guerre di religione,  Bruno promuoveva la grande riflessione etica della modernità europea, che doveva trovare compimento nella kantiana riflessione  sul nesso Emancipazione e Responsabilità.   Cercava di promuovere ,  in coerenza con una cosmogonia che non conosce limiti  e censure,  muraglie  e prigioni,  che possono appagare solo i piccoli tiranni,  propagandisti,  dell’ignoranza e della paura. Il filosofo accende una lampada nel buio, ma è solo contro tutti i vessilliferi del Vangelo armato.
 Negli anni a venire frate  Giordano abiterà tuttavia  fra le pagine dei grandi scienziati.
Come ha scritto Koyrè,  si deve essenzialmente a Bruno e Galilei l’ l’affermarsi impetuoso della scienza moderna. La più   grande e bella avventura:  ad ventura, verso le cose future.
 La  danza delle stelle di cui lui si inebriava… come Einstein avrebbe sognato di volare a cavalcioni di un raggio di luce.
Gli eretici si affacciano sempre sull’orlo del precipizio.   Ma quale grande scrittore non si è innebriato nelle pagine bruniane,  a partire  da  Marlowe, che  nel  Faust vedeva  Bruno fuggire da una prigione sul dorso di un drago. Si pensi alle scritture  di  Leopardi,  di Joyce,  di  Brecht di  Gadda,  che amorevolmente  chiamava Bruno “ l’abbruciato”.  Vale per tutti la speranza bruniana:   Ai venturi…
Certamente Bruno , come i veri profeti, rimane sempre   un disturbatore del quieto vivere, che infastidisce  il piccolo uomo che non vuole pensieri, pauroso di mettere il naso fuori dalla nigra spilonca.  In Umbra lucis… Bruno appartiene a pieno titolo  all’ Illuminismo. Nella cosmogonia bruniana, non vi è alto o basso, centro o periferia. Ogni  individuo, tra infiniti centri irriducibili, è parimenti portatore di umanità e titolare di una incoercibile soggettività. Una società è felice quando tutte le diversità sono ugualmente rispettate. Non idolatrare l’ottusa Unità, ricerca invece l’unione nella Varietas. Si tratta di una grande riflessione etica che trova pieno compimento nella riflessione Kantiana. Valga il motto dell’Illuminismo: Sapere Aude!  Abbi il coraggio di conoscere!  
Non chiudere gli occhi, ma tienili ben aperti. Alza in alto  lo sguardo verso gli infiniti mondi ,  per uscire dallo stato di minorità, di dipendenza. Ogni individuo, in  quanto centro irriducibile di infiniti centri , comprende che nell’infinito universo tutti i centri hanno pari dignità: nessuno è esentato e ciascuno ha il suo carico di responsabilità: tale è il senso di una autentica democrazia.
Sentirsi padrone delle proprie decisioni. Non rimanere  sotto tutela… Giordano Bruno rimane Maestro di Anarchia, come ha chiarito Aldo Masullo.  L’Archè,  il principio assoluto,  l’auctoritas, è sempre la grande impostura. Nell’infinito,  l’ordine umano è sempre Anarchico. L’ Essere padrone della propria sorte… La meravigliosa caparbietà dei sognatori…

Il pensiero in fumo, la lingua tagliata. La vittima annientata.
Il martirio di Bruno, il rogo a Campo de’fiori, rimane la più esemplare tragedia del fanatismo.
Vergogna perpetua per i carnefici della verità, i silenziatori del canto della Ragione.

Venerdì 17 febbraio 2017.  Roberto Nistri

Odoardo Voccoli, un tarantino, ribelle per la libertà (1877-1963)


Odoardo Voccoli, un tarantino, ribelle per la libertà (1877-1963)

di Roberto Nistri

© Roberto Nistri 2017. Tutti i diritti sono riservati.

L'antropologo Ernesto De Martino diceva che gli uomini hanno fame di simboli e di storie.
Per inciso, proprio in questo periodo, il bravo giornalista Alessandro Leogrande, ex studente del Liceo Archita, sta curando un programma radiofonico sulla terza rete, illustrando le vite di alcuni uomini speciali: quelli che per primi si sono fatti avanti, spendendosi per una generosa utopia.
Ci sono storie di vite speciali: personaggi che, pagando in prima persona , hanno combattuto la sopraffazione e la tirannide, cercando di migliorare l'umana condizione, resistendo, senza mai arretrare di fronte al pericolo, senza mai dimettersi dal mestiere di uomo.
 Oggi raccontiamo la bella storia di Odoardo Voccoli, fiero oppositore di fronte alla prima e alla seconda Guerra mondiale. E questo in una città come Taranto, che prosperava in tempo di guerra e si immiseriva in tempo di pace. Nello scenario della grande storia, Odoardo era uno di quelli che non mollavano mai, militando dalla parte giusta, mentre la dittatura nazifascista incendiava il mondo. Ricordiamo questo personaggio che ha vissuto controcorrente, pagando in prima persona, assieme ai suoi familiari con la meravigliosa caparbietà dei sognatori.


 Nato a Castellaneta nel 1877, Odoardo era figlio di un impiegato delle Ferrovie, di cultura liberale e mangiapreti , come si diceva nell'epoca risorgimentale. Non mancava un antenato prete , ma iscritto alla Carboneria. Odoardo aveva vissuto una giovinezza felice, correndo a cavallo nel paesaggio omerico di Castellaneta, esplorando terre boscose e grotte profonde, in compagnia di un giovinotto dal nome molto impegnativo, anche lui studente a Taranto: si chiamava Rodolfo Alfonso Raffaele Pierre Filibert Guglielmi che , emigrando a New York, avrebbe continuato a galoppare nella leggenda, con il nome immortale di Rodolfo Valentino.
 Invece la famiglia di Odoardo si trasferiva al Borgo in via Anfiteatro.
 Il padre prendeva a lavorare come contabile in una Farmacia, permettendo così al figliolo di progredire negli Studi Classici presso il Liceo-Ginnasio Archita, con buon profitto fino al conseguimento del diploma.
 Per il ragazzo Odoardo, decisamente formativi furono quegli anni, nell'istituto dove si sarebbero addestrate intelligenze vigorose, come lo storico Vito Forleo e l'astrofisico Luigi Ferrajolo. L'idolo di Odoardo rimaneva sempre il liber'uomo Ugo Foscolo: Questo ch'io serbo in sen sacro pugnale, io alzo e grido a l'universo intero...Un Ortis letto essenzialmente in chiave libertaria e anticonformista. Ma, a cambiare per sempre la vita del giovane Voccoli, doveva essere un insegnante di filosofia e cultore di antropologia: Emilio Lovarini: un agguerrito socialista, romagnolo di Cesena, che faceva circolare i testi fondamentali del Socialismo, intrattenendosi spesso con gli allievi, sul "Materialismo storico".
 Stava per aprirsi il secolo nuovo, il Novecento. Odoardo iniziava a lavorare come scritturale presso il Tribunale di Taranto e a 19 anni si iscriveva alla Sezione locale del Partito Socialista.
 Nel 1898 in tutta Italia, e anche a Taranto, scoppiavano i moti per il caroviveri, repressi odiosamente da Re Umberto, con cannoneggiamento contro gli affamati.
 Nel 1902, Voccoli assisteva al primo grande sciopero dell'Arsenale di Taranto: uno scontro durissimo fra operai e militari con la baionetta in canna. Il territorio veniva completamente militarizzato, con il sopraggiungere, addirittura, di due Corazzate: "Varese" e "Garibaldi".

Nel 1910, un altro episodio traumatico: i molluschicultori, danneggiati per l'inquinamento delle acque, organizzavano una piccola protesta . Presso la Caserma Rossarol, attuale sede della Università, una improvvisa salva di fucileria, doveva concludersi con un eccidio: tre morti e numerosi feriti. Odoardo ormai, anche fuori di Taranto, era già un dirigente riconosciuto della Camera del lavoro e organizzatore dei portuali. Una figura ormai di primo piano nel movimento, che tuttavia non reputava disdicevole una capatina al Cafè-chantant.
 In un rapporto prefettizio del 1905 si legge: "Non v'ha sciopero o movimento operaio nel quale non sia uno dei promotori". Uno spirito allegro, ma anche un fiero combattente contro la Camorra, nel "fronte del porto" di Taranto, ma anche di Brindisi. Per la conquista di un onesto lavoro,
si doveva anche battagliare a colpi di pistola e di uncini. Organizzando i portuali anche a Savona, Genova e Brindisi, Voccoli aveva conquistato ormai un certo prestigio, ma anche un tenore di vita che gli permetteva di vivere decorosamente in una palazzina di sua proprietà, con la fedele compagna Maria Assunta D'Auria, con i figli Libero Ribelle, Clara Vera Fede, Libertà, Idea Proletaria Vindice e infine, Wservodol Lebedintseff, detto Todol.
Ma, con la fine della guerra e la mancanza di commesse statali, l'ondata di disoccupazione era travolgente. Odoardo doveva affrontare i terribili moti per il caroviveri: la grande prova del fuoco. La la cittadinanza, in assenza di forniture militari, era ridotta alla fame: saccheggi nei mercati, otto cittadini uccisi dalle forze dell'ordine! Un lavoratore morto ammazzato veniva traslato in corteo lungo il ponte girevole. Erano le fiamme del " Biennio Rosso": pronto purtroppo a colorarsi di Nero: il cosiddetto diciannovismo! A Taranto si registrava la latitanza di ogni civica istituzione.
Con la Camera del Lavoro, Voccoli e i socialisti, senz'altro non colpevoli dello sfascio istituzionale, dovevano farsi carico di una situazione degenerata. I commercianti , in testa i "Grandi Magazzini D'Ammacco", portavano nelle mani di Odoardo le chiavi dei loro magazzini, sperando di salvare la "roba". Divampato lo sciopero generale, i cittadini ormai facevano affidamento solo nella Camera del lavoro. Ma in tutta la città, come nel resto del paese, doveva venire anche allo scoperto la grande paura dei padroni e padroncini, che ne volevano vendetta, del Governo e dei politicanti dell'epoca. I facinorosi non mancavano, lo Stato non sembrava in grado di proteggere la proprietà e garantire la sicurezza. I signorotti si decidevano ad allargare i cordoni della borsa, prezzolando squadracce e mazzieri.
Il Regio governo, perpetuamente allo sbando, non era minimamente in grado di prospettare ampie misure riformatrici. Era l'ora siderale dei peggiori farabutti : gli imprenditori della paura.
La regola aurea: seminare il terrore , per candidarsi poi come salvatori della Patria.
 Accendere l'incendio e poi travestirsi da pompieri!
Pronto a tutto e capace di niente, Il Re Vittorio, detto Sciaboletta, apriva le porte agli squadristi di Mussolini, scendendo uno ad uno tutti i gradini della indegnità, sino a firmare le vergognose leggi razziali.
Dopo la Marcia su Roma, i fascistissimi fratelli Giusti assalivano La Camera del Lavoro e colpivano con bombe a mano la palazzina di casa Voccoli, in via Cugini... Un primo operaio assassinato doveva essere Raffaele Favia, dei Cantieri Tosi. Il fascista Casavecchia lanciava una bomba verso un gruppo di comunisti e intanto veniva arrestato il Comunista Millardi.
Già nella semiclandestinità Odoardo era delegato a Livorno, nel 1921, partecipando alla fondazione del Partito Comunista d'Italia. Nel 1926 partecipava al Congresso Internazionale a Lione e il 20 giugno veniva arrestato, e così la sua compagna. "Quanto più l'avversario mostra di voler usare la mano pesante, l'ingiustizia fa più grande un'anima libera e fiera".

 Per Voccoli il socialismo non è stata la ballata di una sola estate, la bandiera degli anni verdi.
 La ribellione era ormai un imperativo categorico che legava indissolubilmente la battaglia per il lavoro alla rivendicazione dei diritti civili, secondo la lezione liberal-democratica ricevuta dal genitore. Era anche necessario difendere la città proletaria, mantenendo quel piccolo embrione di organizzazione di classe con le cui sorti Odoardo aveva identificato la sua scelta di vita: " la città "più Rossa" del Mezzogiorno...

 Scattavano le leggi speciali e Odoardo veniva condannato a 12 anni e mezzo di carcere duro, tre anni al figlio Todol per la minore età. Il carcerato confortava la compagna Assunta : "Mia adorata e sventurata Assunta, dodici anni sono un po' troppi, vero? Di una cosa puoi essere sicura, della serenità con la quale ho ascoltato la sentenza. Il primo e migliore giudice è la mia coscienza. I deboli si accasciano. Chi viene colpito per la sua fede non deve impallidire dinanzi alle conseguenze che gli derivano dall'aver troppo amata la sua idea...Spero di essere additato come uomo di carattere, che non piegò mai dinanzi a qualunque avversità...
Anno dopo anno, giorno dopo giorno, ai carcerati veniva sempre offerta quella domanda di Grazia, quel "Pentimento", che poteva rimettere in sesto tante famiglie sofferenti, considerando che non vi era lavoro per i familiari che non avevano la tessera del Partito.
 Ovviamente Voccoli, come altri compagni, rifiutava sdegnosamente qualunque Grazia, guardando con disprezzo il "pentito" che poteva ritornare in famiglia.
Intanto scriveva e organizzava una piccola scuola nel carcere. Quelli come noi, diceva: non mollano mai.Nel '29 veniva arrestato il figlio Libero Ribelle. Non mollare! Fino all'ultimo giorno, in carcere scriveva i suoi quadernetti, che riusciva a far circolare all'esterno fra i compagni.
Con qualche accorgimento si potevano trasmettere alcune informazioni: Trascriveva per esempio
 Il Principe di Machiavelli, usando in sostituzione la parola "Partito"
La famiglia era ridotta alla fame, ma non veniva meno la solidarietà dei compagni ancora in libertà, come il nobile Carducci, che non faceva mancare il suo sostegno.
 Per le famiglie dei carcerati, già si attivava il "Soccorso Rosso", con collette fra i compagni.
 Nel 1932, in occasione del Decennale, veniva concessa una amnistia: si celebrava in carcere il matrimonio civile, testimone il nobile Carducci Artenisio Ernesto: buon sostenitore della Causa.
Nel 1934, a seguito della delazione di uno spione dell'OVRA, si tornava in carcere: 4 anni di reclusione per Voccoli e e per i Fratelli Mellone morti in galera.

Una militante di grande rilievo, dirigente del "Soccorso rosso" , si prodigava per alleviare economicamente l'indigenza della perseguitata famiglia Voccoli. Anch' essa attivista nel primo nucleo storico socialcomunista, era stata condannata pure lei a lunghi anni di carcere, ma rimaneva fiera combattente partigiana fino alla caduta del fascismo. Il suo nome era una bandiera: Antizarina Cavallo. Si trattava di una militante del primo nucleo torinese. Voccoli avrebbe conservato in Archivio il suo ultimo saluto: "Ciao a tutti, compagni miei, continuate a lottare anche per me".

Una sola ferita non si rimarginò mai nel cuore di Odoardo: la perdita del figlio più sfortunato, quel Wservodol , detto todol, il figlio tubercolotico morto di stenti nella solitudine del carcere. Commuovente il suo ultimo saluto al padre: " Muoio sicuro di non aver menomato il nome che con fierezza ed orgoglio ho portato. Tuo Todol". I compagni in libertà riuscivano ad organizzare un funerale clandestino, notturno, fischiettando l'internazionale con uno striscione sul feretro:
 "I compagni di Taranto". Nell'amnistia del Decennale, Odoardo veniva scarcerato, ma il Tribunale Speciale lo condannava per altri quattro anni di reclusione per cospirazione.
Nel '34, a seguito a seguito della delazione di una spia dell'OVRA, sempre di più erano i compagni carcerati. In effetti si stava stava riorganizzando il fronte Antifascista. Nel marzo del '34, Odoardo era di nuovo carcerato. Anno dopo anno, un giorno dopo l'altro veniva offerta al prigioniero Voccoli la domanda di grazia, che gli avrebbe spalancato subitamente le porte della libertà.
 Ma lui non sarebbe mai uscito a capo chino. Il figlio Libero Ribelle, posto in cella d'isolamento veniva condannato al confino, serbando"cattiva condotta politica".
Dopo la caduta del fascismo, Odoardo sarà il primo sindaco repubblicano del dopoguerra, unanimamente stimato dai suoi concittadini. Quelli come noi non mollano mai, diceva...


La riconquista del nostro passato collettivo dovrebbe essere tra i primi progetti per il nostro futuro.
(Umberto Eco) Per Approfondire: Roberto Nistri e Francesco Voccoli, Sovversivi di Taranto,
Sedi Edizioni, Taranto 1987.
Roberto Nistri. 16 febbraio 2017. Relazione ANPI. Liceo Archita Taranto.

Ieri come oggi: il trionfo del filo spinato


Ieri come oggi: il trionfo del filo spinato


di Roberto Nistri

già edito in "Galaesus". Studi e ricerche del Liceo Archita di Taranto, n. XXXIX, pp. 92-99

Nel vortice

      Il 27 gennaio 1945, lungo la pianura innevata, si vedevano avanzare i carri dell'Armata Rossa.  I sovietici spalancavano i cancelli di Auschwitz, simbolo per eccellenza dei campi di sterminio . Iniziava l'interminabile  conta dei sommersi e dei salvati. Fra i sopravvissuti: ebrei ma anche deportati politici, testimoni di Geova, portatori di handicap, omosessuali, zingari  (sinti e rom). Il 28 gennaio 2015 a Taranto veniva conferita la medaglia d'onore a Vittorio Caroli per aver mantenuto fede al proprio giuramento durante la deportazione.
      Gli angloamericani aprivano i campi di Bergen-Belsen, Buchenwald, Dachau, Mauthausen e Majdanek. Avveniva la scoperta dei sottouomini, dei materiali per esperimenti. Al seguito delle truppe erano presenti operatori cinematografici di grande valore come Bernstein e Hitchcok. La loro preoccupazione era quella di documentare quante più prove possibili sull'infamia dei campi di morte, ben prevedendo le future manifestazioni di scetticismo o addirittura di negazionismo circa gli indicibili orrori che erano finalmente sotto gli occhi di tutti. Bernstein diceva: "sosterranno che sono solo trucchi di cinema". Notabili ed ecclesiastici del luogo venivano spinti a chinarsi presso i corpi martoriati,  eppure in seguito tanti si sarebbero rifiutati di guardare in quello schermo (scene conservate per anni nel War Museum di Londra)  ma Alfred Hitchcok avrebbe detto: "Il ricordo di quel film non mi ha mai abbandonato". Per forza! In quel film era in nuce tutta la sua straordinaria storia cinematografica. Gli bastava ruotare la cinepresa dalla baracche dei deportati verso i circostanti luoghi ameni di villeggiatura come Ebensee. Tutt' in torno si vedevano le linde casette di famigliole felici e indifferenti, che venivano chiamate a sfilare nei lager. L'innocente vita dei "volenterosi carnefici di Hitler": da una parte il lieto pasto quotidiano, dall'altra le continue emissioni di fumo nel campo. Fra questi due poli si distende la mai finita storia del complice in "buona fede".
      Testimonianza di Ferdinand Holl , ex prigioniero politico e kapò del campo di concentramento di Neuengamme: "I prigionieri venivano spogliati completamente ed entravano nel laboratorio uno dopo l'altro. Io dovevo tenere ferme le loro  braccia, mentre un medico ci strofinava sopra qualche goccia di iprite, il cosiddetto gas mostarda, che provocava terribili ustioni. Dovevano aspettare in piedi con le braccia aperte anche dieci ore, forse più, finchè le ferite da bruciatura non iniziavano a ricoprire tutto il corpo, progressivamente raggiunto dai fumi del gas. Il primo morto veniva dissezionato, i suoi organi interni erano stati completamente erosi" (dal resoconto della stenografa Vivien Spitz durante il processo ai medici dal '46 al '47, che definivano le loro cavie umane "materiali" o conigli. Le prove erano ineccepibili: i nazisti avevano fedelmente registrato per iscritto, con foto e filmati, gran parte delle loro atrocità. Nel campo femminile di Ravensbruck si trapiantavano da una prigioniera all'altra sezioni di ossa, muscoli e nervi per verificare se i tessuti si rigeneravano. Una sedicenne polacca venne operata sei volte. I prigionieri venivano infettati deliberatamente per sperimentare ipotetici vaccini. Gli zingari venivano sterilizzati in massa.  La scrittrice Jennifer Teege ha ricordato un discorso di suo nonno Amon Goth nel campo di Plaszow: "Io sono il vostro Dio. A Lubecca ho eliminata 60mila ebrei, ora è il vostro turno". Ordinò che una ebrea,  sorpresa a rubare una patata, fosse gettata viva nell'acqua bollente e data ai maiali.
      L'esperienza del dolore  non si può trasmettere, avrebbe detto Pietro Nenni, la cui figlia aveva trovato la morte ad Auschwitz . Non si poteva fare nulla? Altrochè:  Il re danese CristianoX  indossava la stella di Davide come segno di supporto e solidarietà con gli ebrei danesi,  che soffrivano la persecuzione nazista durante l'occupazione. Re Boris di Bulgaria si era rifiutato di sottoscrivere le leggi razziali. Il vicepresidente del suo parlamento faceva salvare 48.000 ebrei bulgari. Leggi che invece erano state sottoscritte a cuor leggero dal vile re savoiardo: nel 1939 venivano allontanati da tutte le scuole italiane docenti e studenti ebrei. Non ci fu un preside in tutta Italia, una maestra che si ribellò. Veniva ordinata l'espulsione degli stranieri ebrei, inclusi quelli che avevano la cittadinanza. Si registrava il sostegno entusiasta di Agostino Gemelli, fondatore e rettore magnifico dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Per quelli che non lasciavano l'Italia veniva creato il campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia  (Cosenza). Seguivano disposizioni che portavano sempre nuovi divieti tra i quali: essere portieri in case abitate da ariani; esercitare il commercio ambulante; esercitare l'arte fotografica; commerciare libri; vendere oggetti usati; vendere articoli per bambini; raccogliere lana per materassi; essere titolari di esercizi pubblici di mescita di alcolici; gestire scuole da ballo e di taglio; vendere oggetti di cartoleria; raccogliere rifiuti; gestire agenzie di viaggio; condurre autoveicoli di piazza; pubblicare avvisi mortuari e pubblicitari; inserire il proprio nome negli elenchi telefonici; essere affittacamere, detenere apparecchi radio; essere insegnanti privati; accedere alle biblioteche pubbliche, fare la guida e l'interprete, allevare colombi viaggiatori... su tali discriminazioni gli italiani si sono costruiti una memoria di comodo, presentandosi sempre come vittime, mai come persecutori.
      La proposta di Furio Colombo di indicare il Giorno della Memoria il 16 ottobre 1943, giorno del rastrellamento degli ebrei nel ghetto di Roma voleva far risaltare il carattere di delitto italiano e non solo tedesco dell'Olocausto. Arrivava un treno merci di 18 vagoni, ammassava 1.022 persone che avevano il torto di essere italiani sbagliati, di sangue ebreo. Una donna incinta aveva le doglie, chiedeva aiuto. Lei e il suo piccolo soffocarono nel sangue e nello schifo prima di arrivare ad Auschwitz. Non è vero che fummo semplici esecutori, magari un po' restii, di un genocidio pensato e voluto altrove. Pendevano delle taglie sulla "razza maledetta": 5 mila lire per ogni maschio, 3mila  per le femmine, mille per un bambino. L'onore di pochi giusti non cancella il disonore di una nazione, che per sette anni almeno, ha fatto propria una follia che ha prima isolato, poi spogliato di ogni bene e diritto, e infine infierito su una minoranza di 40 mila esseri umani, di cui più di 7mila morti nei lager, colpevoli di ebreitudine (Gad Lerner, Un mondo senza noi).  Altro che Italiani brava gente. Ci furono i "giusti", ma dietro la cattura di ogni ebreo ci furono almeno altrettanti italiani implicati: prefetti, questori, poliziotti, carabinieri, compilatori di liste, delatori della porta accanto, ferrovieri, che dichiararono gli ebrei "stranieri": fra il 1943 e il '45 li stanarono casa per casa, li arrestarono, li depredarono dei beni, li rinchiusero nei campi, rendendosi colpevoli di genocidio (Simon Levis Sullam,  I carnefici italiani).

       Quanto ad Hitler, la sua guerra contro gli ebrei, era persa in partenza: da quando aveva fatto annientare i centri studi di Fisica della Germania, diretti da eccellenti studiosi ebrei, che immediatamente erano emigrati negli  Stati Uniti  (lo stesso doveva accadere nell'Italia di Enrico Fermi, Dulbecco, Rita Levi Montalcini) . Su 20 premi Nobel dati ai tedeschi, undici li avevano presi gli ebrei e tra quelli illustri c'era anche Einstain. Quando il ministro Rust chiese a Hilbert se fosse vero che l'istituto di matematica aveva sofferto dell'espulsione degli ebrei, la risposta fu lapidaria:" Non ha sofferto, non esiste più". Sembrava che l'ottuso tiranno avesse un conto in sospeso nei confronti degli uomini di scienza. Si ricorda che a 14 anni, in un istituto a Linz in Austria, avesse come  compagno di  scuola un ragazzo che doveva farlo innervosire non poco: il grande genio ebreo Wittgenstein, il logico e matematico che avrebbe in seguito decriptato i codici segreti del Reich, comunicandoli anche all'Unione Sovietica.
       Anche le frustrazioni della malariuscita artistica del giovane Adolf dovevano spingerlo ad odiare la grande arte delle avanguardie pittoriche,  che lui condannava come "degenerate". Per le bizze del despota,  il Reich avrebbe anche perso la straordinaria cinematografia  (UFA) che si sarebbe trasferita in massa ad Hollywood, in quella fabbrica dei sogni che il genio ebraico aveva creato.
      Contro il regno degli assassini, armi imbattibili si stavano forgiando nello spirito della libertà, anche semplici matite capaci di demolire il Moloch. Venivano impugnate nel 1938, quando in Germania si scatenava la notte dei cristalli, mentre in Italia venivano varate le leggi razziali. In quell'anno usciva negli Usa un fumetto disegnato da due giovani emigranti ebrei, Shuster e Siegel: dall'antica mitologia ebraica, nella figura del Golem protettore e giustiziere,  nasceva Superman. Si ritornava alla storia di un esodo senza fine. L' avventura : un popolo è consapevole che finirà distrutto con tutto il suo pianeta (Kripton). Lo scienziato Jor-El salva il figliolo Kar El sparandolo in un vascelletto nello spazio,  verso la Terra,  dove verrà accolto da due anziani terrestri. Dotato di grandi poteri vivrà sempre come un diverso, amato ma anche temuto, straniero impossibilitato ad integrarsi. Ritornava la storia del piccolo Mosè, salvato dalle acque, un tipo tosto, dotato di grandi poteri. Era il primo di una squadra speciale speciale di Supereroi, caricati per combattere il regno del male: a tempo a tempo nasceva nel '43 Capitan America, e poi Iron man e via disegnando. Ebbene, nella lunga marcia verso Berlino, ogni soldato americano aveva nel suo zaino una razione di cibo, un pacchetto di sigarette e un fumetto dei Super eroi: i due piccoli disegnatori ebrei erano tornati a casa da vincitori.
       La memoria sofferente del Padre, sopravvissuto allo sterminio di Hitler, doveva essere onorata  nel dopoguerra, con lo  splendido fumetto  Maus di Art Spiegelman. Un corpo a corpo fra padre e figlio, difficile e quasi impossibile, perché l'esperienza non si può trasmettere. Spiegelman è  l'autore che più di ogni altro ha contribuito ad elevare lo status del fumetto da semplice mezzo di intrattenimento a fenomeno culturale,  in grado di toccare le realtà più complesse e dolorose. Steven Spielberg ha raccolto e conservato un immenso patrimonio memoriale nella Shoa Foundation. Una impresa iniziata da ragazzetto,  imparando a leggere i numeri dai sopravvissuti dell'Olocausto che gli facevano vedere i loro tatuaggi. Una identità inondata di mortalità, di atti di odio indicibili, ma anche pervasa di indomabile resistenza. Il nipote del generale Kammler, architetto delle camere a gas, è il  sociologo Tilmann, che da sempre studia i fenomeni di violenza tra gli adolescenti, perché alcuni uomini accettano di farsi sottomettere e si conformano, perché torturano e umiliano il prossimo. I dossier Usa sul nonno risultano ancora secretati per occultare il ruolo del nazista reclutato  nella fase della guerra fredda.
      Nella  Giornata della memoria, alle elezioni in Grecia, si è affermato   come terzo partito quello dei neonazisti di Alba Dorata. In Italia hanno preso a circolare gruppi musicali come "99 Fosse" (con la F).
       Ma i tedeschi quanto vogliono ricordare il loro crimine contro l'umanità? 81 su cento desiderano lasciarsi la Memoria alle spalle. Lo rivela un sondaggio della fondazione Bertelsmann. 58 su cento sperano che di Shoa non si parli più. I dati coincidono con un presente in cui i nuovi nazionalisti xenofobi di Pegida riempiono le piazze all'est. Del resto già dal 1949 l'Fdp aveva chiesto uno stop alla denazificazione ("la Repubblica"  27 gennaio 2015). Urge riflettere sul rapporto che ci deve essere tra la Memoria e la Storia: se la prima tende a sbiadire la seconda deve invece fondarsi su una rigorosa analisi dei fatti, per poter comprendere i legami di causa ed effetto. Se l'emozione dovesse prevalere, quella Memoria sarà destinata a dissolversi. Solo la Ragione è l'alternativa ad Auschwitz. Solo conoscendo e riconoscendo con chiarezza, potremo superare "La Repubblica del dolore", come ha scritto lo storico  Giovanni De Luna,  nel suo testo edito da Feltrinelli.

Gli inizi: Duemila anni di giudeofobia

      Le razze non esistono, ma il razzismo c'è e fa male. E' ricorrente come imposizione di un gruppo su un altro gruppo,  ritenuto inferiore e/o dannoso.  Si può auspicare il suo annientamento (genocidio) o la distruzione della sua cultura (etnocidio). L'anticamera del razzismo è l'ostilità attiva verso lo straniero ( xenofobia).  La più spontanea manifestazione  è sempre la stessa: "via gli stranieri". Gli spacciatori di paura sono sempre al lavoro. Invece l'incontro-scontro fra culture delinea un campo di compatibilità e conflittualità non facile da padroneggiare, soprattutto nel quadro di vistosi e inarrestabili processi migratori, affrontati non tanto con strumenti scientifici quanto con vecchie mitologie e superstizioni. Anche la democrazia, che pure ha un raggio d'influenza mai registrato nel passato, sembra mostrare la sua fragilità, è in difficoltà, non riuscendo a riconvertire il consumismo in umanesimo, vivendo in bilico tra universalismo e localismo. Una democrazia che tenga fede al suo nome implica tolleranza e apertura verso gli altri, ma se non è in grado di offrire reali chance di vita e opportunità all'altro, la democrazia si suicida.  E' oggi difficile, anche per buona creanza, una dichiarazione esplicita di razzismo, ma è diffuso un certo razzismo pop di sottopancia.
      L'antisemitismo non lo ha certo inventato Hitler. Durante tutto l'Ottocento era in diverse forme circolante nelle culture politiche  di destra ma anche di sinistra. Partendo dalla cultura della cristianità,  sia cattolica sia protestante, era incistata   l'idea di una colpa collettiva, che il nazifascista , l'uomo delle pulizie, si sentiva in obbligo di annientare nella figura dell'impuro, del non ariano. L'antica ostilità dei cristiani nei confronti degli ebrei ovviamente non derivava da una concezione razziale. Si trattava di una prevedibile concorrenza fra una antica religione e una nuova (considerata una eresia dell'ebraismo). Gli ebrei ai tempi di Giulio Cesare erano ben insediati a Roma con una "carta dei diritti".  Non facevano proselitismo in quanto l'ebreo era semplicemente un nato da madre ebrea. Il proselitismo cristiano che spaccava le famiglie e sembrava irriguardoso nei confronti dell'Imperium pareva  invece una grande anomalia da cancellare. Le cose dovevano cambiare con la coniugazione fra religione cristiana e potere imperiale. A quel punto si rafforzava una giudeofobia legittimata dalla accusa antica e bislacca di deicidio. La persecuzione doveva  rafforzarsi nel corso dei secoli ma, a differenza di quella nazista,  mirava alla conversione e non alla soppressione. Certamente la chiesa cattolica ci mise di suo nel seminare zizzania.
      Ancora oggi qualcuno continua ad esaltare la "tolleranza" di Costantino, il vero padre dell'antisemitismo. L'undici dicembre 321 veniva emanato il Codex Judaeis, la prima legge penale antiebraica. L'editto di Milano riconosceva il cristianesimo come  religio licita e "collante" politico più efficace dei vecchi culti. L'editto definiva  la superstitio  ebraica "secta nefaria", " feralis, " e formalizzava l'accusa di deicidio: quel Costantino  che per tutta la vita aveva conservato il titolo pagano di  pontifex maximus. Successivi imperatori dovevano ridurre ulteriormente i diritti degli ebrei, privati delle sinagoghe e sepolti in luoghi lontani. Nel fondamentale Concilio di Nicea del 325 si perveniva alla unificazione nelle stesse mani del potere temporale e di quello religioso. Con Teodosio il cerchio si chiudeva con la proclamazione del cristianesimo come religione di stato, perseguitando ogni altro culto, l'ebraismo compreso.
      S. Giovanni Crisostomo nel IV secolo si sarebbe preoccupato di mettere in giro la voce degli ebrei che sacrificavano i bambini. Già il quarto Concilio Laterano aveva ordinato agli ebrei di portare dei vestiti che li distinguessero: un cappello giallo per gli uomini, un velo per le donne. Più praticamente Hitler avrebbe adottato la stella di Davide per tutti. Nel 1215 papa Innocenzo III escludeva gli ebrei da qualunque associazione professionale: potevano esercitare solo pratiche proibite per cristiani e musulmani: cambiovalute e soldi in prestito, attività alle quali facevano ricorso poveri contadini a rischio di esproprio, ma anche potenti e sovrani. Naturalmente chiunque dovesse restituire  soldi all'ebreo, non provava per lui molta simpatia. Nel 1555 si arrivava alla bolla infame di Paolo IV che istituiva il "serraglio" per gli ebrei condannati a vivere di sole "arti strazziarie vel cenciariae" .
       Si aggiunga che l'ebreo era sempre considerato un diverso, uno "strano",  ma anche dotato di un oscuro potere. Gli spiriti semplici temono ls scienza, ciò che non conoscono .  In epoche in cui anche i potenti erano analfabeti, l'ebreo era l'uomo del libro, con la testa sempre fra strani rotoli di carattere magico. Lo stesso Hitler odiava massimamente l'ebreo, al punto da annientarne completamente la stirpe fino all'ultimo neonato, ma ne aveva paura ed era affascinato da quei poteri oscuri di cui cercava in tutte le maniere di appropriarsi. L'aggressività mascherava sempre un umiliante complesso di inferiorità. Gli uomini piccoli odiano ciò di cui hanno paura.
       L'ebreo, spesso dal popolino confuso con l'eretico e lo stregone, era il perfetto capro espiatorio, addirittura un portatore di peste, che si poteva impunemete allontanare o sopprimere. Solo nel concilio Vaticano II,  Nostra aetate, scompariva la preghiera  pro perfidis judeis, volta alla conversione dei maledetti deicidi.   La misteriosa onnipotenza ebraica veniva sempre più enfatizzata dalle varie agenzie poliziesche,  che fabbricavano a ripetizione documenti farlocchi come i "Protocolli dei Savi di Sion". Ci si convinceva che dietro tutti i grandi sommovimenti, dalla rivoluzione americana a quella francese a quella russa, gli ebrei avessero manovrato nell'ombra. In realtà proprio la vita nel ghetto aveva conferito all'ebraismo un forte senso di identità ma anche la capacità di muoversi su scala globale.
 Un caso limite rimane  quello dell'antisemitismo in assenza di ebrei.
      Valga l'esempio della città di Taranto: dopo la promulgazione delle leggi razziali, gli ebrei presenti in città si contavano sulle dita di una mano. Eppure i professionisti del razzismo fecero carriera nelle scuole, nei giornali, nel pubblico impiego, addirittura riscrivendo una storia adulterata della presenza ebraica sul territorio, manifestando entusiasmo per la distruzione della ultima traccia di una antica presenza semita: il vicoletto Giuda, doveva scomparire grazie al colpo di piccone mussoliniano.

Appendice:  Aprile 2015.

 Tra superficialità, errori e ingiustizie che seguirono la fine della guerra,  andrebbe riconsiderata  la riabilitazione del giurista Gaetano Azzariti , che aveva contribuito alla redazione delle leggi  razziali presiedendo  il "tribunale" incaricato di applicarle. Il ministro Palmiro Togliatti lo riabilitava così pienamente che nel 1957 Azzariti diventava addirittura presidente della Corte costituzionale. Poteva capitare che la giustizia veniva sacrificata alla "pacificazione". Una delle tante scorciatoie pericolose. Il suo busto di razzista e antisemita suscita le rimostranze del rabbino Giuseppe Laras e dello   storico Riccardo Calimani, che assieme ad altri cittadini indignati,  ne hanno richiesto la rimozione.  Per il momento non è stata neanche concessa alla stampa la visione del verbale della cancelleria della Corte. Sull'argomente esiste ormai una corposa pubblicistica.

Appendice 2: Maggio 2015.

La distruzione della cultura, operata dagli ultrafondamentalisti islamici, richiama spontaneamente il rogo nazista di oltre 25mila libri,  il 10 maggio del 1933. Un mese dopo veniva bruciato il parlamento tedesco e iniziava la grande caccia alle streghe: un rituale con tutti i parafernali del nazismo: bande musicali, fiaccolate, rituali purificatori. Il ministro Goebbels annunciava: "Uomini e donne di Germania, l'era dell'intellettualismo ebraico sta giungendo alla fine. Da queste ceneri rinascerà la fenice di una nuova era". Nel rogo scomparivano anche i colori sognanti di Klimt, Chagall, Klee. In fondo i nazisti avevano creato la lista fondamentale della cultura, che veniva conservata nel cuore di quanti ,   a prezzo anche della vita, avrebbero operato per una autentica rinascenza democratica.
Questi paradigmi vanno riconsiderati, comparando gli immigrati agli ebrei ebrei in fuga dalle persecuzioni naziste. Levi ci ammonisce è affidata solo ai sopravvissuti, i salvati. La voce dei "sommersi", delle migliaia di morti annegati. Dal gorgo non è tornato mai nessuno per raccontare la propria morte.

Crimini di pensiero

Crimini di pensiero

di Roberto Nistri

Testo edito in "Galaesus" Studi e ricerche del Liceo Archita di Taranto, n. XXXIX 2015/16, pp. 223-224


Il 26 gennaio 2016,  in occasione della “Giornata della Memoria”, organizzata dal Liceo “Archita”,  abbiamo presenziato ad un  impegnativo dibattito  su una tematica ardua e scabrosa,   concernente le responsabilità del filosofo tedesco Heidegger,  di fronte alla tragedia del nazismo e della Shoà. L’iniziativa è stata molto partecipata, con qualificati interventi letterari e musicali. Benedetto Croce giudicava Heidegger indecente e servile, ma  il filosofo Francesco Alfieri,  scrupoloso esegeta del  corpus heideggeriano,  ha offerto ben altra interpretazione. Il punto cruciale riguardava i  cosiddetti  “quaderni neri”,  di recente pubblicati per esteso , che a detta di molti studiosi, chiariscono definitivamente la fisionomia di un tedesco decisamente nazista e certamente antisemita: una adesione profonda e non opportunistica al  Fuhrer Prinzip?   Si è aperta una  seria discussione.  Il professore Alfieri ha messo in campo tutta la sua sapienza filologica per liberare Heidegger da fraintendimenti più o meno maleintenzionati. Il dibattito si è prolungato a lungo con giovani studenti che, in barba al disfattismo governativo, sono ancora avidi di umanesimo e filosofia.
      Come dirigente della “Associazione Nazionale Partigiani”, lo scrivente esprime le sue perplessità  nei riguardi di una fluviale difesa d’ufficio del filosofo contestato, le cui responsabilità nel  dopoguerra venivano riduttivamente applicate alla figura del “simpatizzante”.  Troppo poco per un grande accademico, convinto di essere lui il vero Fuhrer.  A  lungo i colleghi avevano scherzato sul suo “viaggio a Siracusa”,  in riferimento al viaggio di Platone, speranzoso di  governare filosoficamente il Tiranno.  Analoga speranza avrebbe coltivato Gentile nei confronti  di Mussolini.
       Certo è che Heidegger non ha mai manifestato dubbi: è rimasto un  acerrimo nemico della libertà e della democrazia, un nazista convinto, con appesa al petto una decorazione con la croce uncinata,   un antisemita di qualità: gli ebrei si sarebbero autodistrutti in quanto  “vessilliferi del  paradigma calcolatorio!” Una originale rievocazione del “complotto giudaico”.  
       Il filosofo si sarebbe anche preoccupato di cancellare dal suo opus magnum la dedica al suo maestro ebreo  Husserl, non partecipando neanche al suo funerale.

                                                                  Crimini di pensiero

Nel corso della giornata,   solo l’assessore Liviano ha espresso poche ed acconce parole nei riguardi della Vittima Assente.  Se nel pubblico fosse stato presente un discendente di un lontano perseguitato travolto dal vortice infame,  avrebbe avvertito la propria estraneità in un tempo ormai senza memoria e senza testimoni. La filosofia più che mai deve ancora misurarsi con lo sterminio.
       Per quanto ci riguarda, negli anni Sessanta ci siamo fatti i nostri quindici minuti di passioncella per il mago di Messkirch,  con il suo  “esserci”,  il   Dasein  e l’’in der welt sein,  lasciando poi senza rimpianti la Selva Nera    per accasarci nella più felice  Rive Gauche.  Il partigiano Pietro Chiodi ci aveva presentato un esistenzialista ateo, mentre il piccolo sciamano era legato ad una vecchia teologia negativa, un neoplatonismo appetibile per uno spiritualismo cristiano sempre in lotta contro la razionalizzazione scientifica e il “disincantamento del mondo” (Weber).           L’incantatore  nemico della matematica,   aveva dichiarato: “ io sono un teologo cristiano!”.   Coltivava un pensiero misticheggiante,  costellato di promesse abissali con il supporto di  fantasie occultiste : un dinamico pusher,  spacciatore di principi barbarici e di eccitazioni accademiche,  come la “risveglianza dell’Esserci tedesco alla sua grandezza”. Uno scalpellare il nulla,  moltiplicando le iperboli con linguaggio doppio,  sentenzioso e allusivo. Una  parrocchiale custodia del Graal , tutta permeata dal  Fuhrer Prinzip , una zuppa d’orzo come quella propinata da Frau Elfride, della quale il filosofo era ghiotto . Karl Lovith,  il correttore delle bozze di  Essere e tempo,  doveva diventare  il suo critico più implacabile: occorreva rompere l’incantesimo di una sterile  imitazione da parte di una massa di adepti sovraeccitati.  Secondo Thomas Bernard,  il Guru   è stato capace di mettere nel sacco una intera generazione di studiosi,  propinando  una broda esoterica che ha annegato nel Kitsch la filosofia.  Aggiungiamo anche le  scopiazzature dal libro dell’ultrarazzista italiano Julius Evola,   La rivolta contro il  mondo moderno.  Decisiva l’opposizione dell’anti Heidegger:  il filosofo ebreo Robert Nozick.  
      Chi oggi sarebbe disposto a seguire i “Pastori dell’Essere”  e l’antropologia della “Radura”, misurandosi non  con il nulla ma con il vuoto, con tutta la sua forza di risucchio?   Franco Volpi, lo studioso italiano che più si è avvicinato a Heidegger, ha considerato ormai irricevibile il suo lascito: sperimentazioni linguistiche che implodono in funambolismi e infine in vaniloqui. Volpi ci esorta a rimetterci in cammino non su presunti “ Sentieri dell’essere”,  ma sul  Sapere Aude  dell’illuminismo   radicale.