lunedì 1 maggio 2017

Crimini di pensiero

Crimini di pensiero

di Roberto Nistri

Testo edito in "Galaesus" Studi e ricerche del Liceo Archita di Taranto, n. XXXIX 2015/16, pp. 223-224


Il 26 gennaio 2016,  in occasione della “Giornata della Memoria”, organizzata dal Liceo “Archita”,  abbiamo presenziato ad un  impegnativo dibattito  su una tematica ardua e scabrosa,   concernente le responsabilità del filosofo tedesco Heidegger,  di fronte alla tragedia del nazismo e della Shoà. L’iniziativa è stata molto partecipata, con qualificati interventi letterari e musicali. Benedetto Croce giudicava Heidegger indecente e servile, ma  il filosofo Francesco Alfieri,  scrupoloso esegeta del  corpus heideggeriano,  ha offerto ben altra interpretazione. Il punto cruciale riguardava i  cosiddetti  “quaderni neri”,  di recente pubblicati per esteso , che a detta di molti studiosi, chiariscono definitivamente la fisionomia di un tedesco decisamente nazista e certamente antisemita: una adesione profonda e non opportunistica al  Fuhrer Prinzip?   Si è aperta una  seria discussione.  Il professore Alfieri ha messo in campo tutta la sua sapienza filologica per liberare Heidegger da fraintendimenti più o meno maleintenzionati. Il dibattito si è prolungato a lungo con giovani studenti che, in barba al disfattismo governativo, sono ancora avidi di umanesimo e filosofia.
      Come dirigente della “Associazione Nazionale Partigiani”, lo scrivente esprime le sue perplessità  nei riguardi di una fluviale difesa d’ufficio del filosofo contestato, le cui responsabilità nel  dopoguerra venivano riduttivamente applicate alla figura del “simpatizzante”.  Troppo poco per un grande accademico, convinto di essere lui il vero Fuhrer.  A  lungo i colleghi avevano scherzato sul suo “viaggio a Siracusa”,  in riferimento al viaggio di Platone, speranzoso di  governare filosoficamente il Tiranno.  Analoga speranza avrebbe coltivato Gentile nei confronti  di Mussolini.
       Certo è che Heidegger non ha mai manifestato dubbi: è rimasto un  acerrimo nemico della libertà e della democrazia, un nazista convinto, con appesa al petto una decorazione con la croce uncinata,   un antisemita di qualità: gli ebrei si sarebbero autodistrutti in quanto  “vessilliferi del  paradigma calcolatorio!” Una originale rievocazione del “complotto giudaico”.  
       Il filosofo si sarebbe anche preoccupato di cancellare dal suo opus magnum la dedica al suo maestro ebreo  Husserl, non partecipando neanche al suo funerale.

                                                                  Crimini di pensiero

Nel corso della giornata,   solo l’assessore Liviano ha espresso poche ed acconce parole nei riguardi della Vittima Assente.  Se nel pubblico fosse stato presente un discendente di un lontano perseguitato travolto dal vortice infame,  avrebbe avvertito la propria estraneità in un tempo ormai senza memoria e senza testimoni. La filosofia più che mai deve ancora misurarsi con lo sterminio.
       Per quanto ci riguarda, negli anni Sessanta ci siamo fatti i nostri quindici minuti di passioncella per il mago di Messkirch,  con il suo  “esserci”,  il   Dasein  e l’’in der welt sein,  lasciando poi senza rimpianti la Selva Nera    per accasarci nella più felice  Rive Gauche.  Il partigiano Pietro Chiodi ci aveva presentato un esistenzialista ateo, mentre il piccolo sciamano era legato ad una vecchia teologia negativa, un neoplatonismo appetibile per uno spiritualismo cristiano sempre in lotta contro la razionalizzazione scientifica e il “disincantamento del mondo” (Weber).           L’incantatore  nemico della matematica,   aveva dichiarato: “ io sono un teologo cristiano!”.   Coltivava un pensiero misticheggiante,  costellato di promesse abissali con il supporto di  fantasie occultiste : un dinamico pusher,  spacciatore di principi barbarici e di eccitazioni accademiche,  come la “risveglianza dell’Esserci tedesco alla sua grandezza”. Uno scalpellare il nulla,  moltiplicando le iperboli con linguaggio doppio,  sentenzioso e allusivo. Una  parrocchiale custodia del Graal , tutta permeata dal  Fuhrer Prinzip , una zuppa d’orzo come quella propinata da Frau Elfride, della quale il filosofo era ghiotto . Karl Lovith,  il correttore delle bozze di  Essere e tempo,  doveva diventare  il suo critico più implacabile: occorreva rompere l’incantesimo di una sterile  imitazione da parte di una massa di adepti sovraeccitati.  Secondo Thomas Bernard,  il Guru   è stato capace di mettere nel sacco una intera generazione di studiosi,  propinando  una broda esoterica che ha annegato nel Kitsch la filosofia.  Aggiungiamo anche le  scopiazzature dal libro dell’ultrarazzista italiano Julius Evola,   La rivolta contro il  mondo moderno.  Decisiva l’opposizione dell’anti Heidegger:  il filosofo ebreo Robert Nozick.  
      Chi oggi sarebbe disposto a seguire i “Pastori dell’Essere”  e l’antropologia della “Radura”, misurandosi non  con il nulla ma con il vuoto, con tutta la sua forza di risucchio?   Franco Volpi, lo studioso italiano che più si è avvicinato a Heidegger, ha considerato ormai irricevibile il suo lascito: sperimentazioni linguistiche che implodono in funambolismi e infine in vaniloqui. Volpi ci esorta a rimetterci in cammino non su presunti “ Sentieri dell’essere”,  ma sul  Sapere Aude  dell’illuminismo   radicale.

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